È un viaggio alle radici dell’odio razziale nazista che, pubblicato per la prima volta in America nel 1938, rappresentó con lucida chiaroveggenza il clima di spietato razzismo in cui maturarono gli orrori dell’Olocausto
Novembre 1932. L’ebreo Max Eisenstein e il tedesco Martin Schulse, soci in affari a San Francisco e amici fraterni, si separano. Martin torna in Germania con moglie e figli e tra i due comincia uno scambio di lettere su cui si stende ben presto l’ombra nera della storia: nel 1933 Hitler prende il potere e Martin si lascia sedurre dall’ideologia nazista. Martin
non cambia atteggiamento nemmeno quando Max, disperato, gli raccomanda di vegliare sulla sorella Griselle, un’attrice austriaca che è stata amante di Martin e che, nonostante gli avvertimenti ricevuti, ha voluto ugualmente recitare a Berlino. Impossibile credere ancora all’amicizia. Questo comportamento porterá a un ribaltamento radicale nei rapporti di forza fra i due protagonisti per un finale “impossibile da dimenticare”.
Nell’affrontare questo testo, l’idea di regia nasce nel lasciare nel pubblico il tempo dell’attesa. Un tempo scandito da sguardi, da passi, dalle dita sul tavolo, dal picchiettio della penna, dal metronomo. il suono del Tic-Tac doveva essere un suono che entrasse nella mente delle persone, volevamo rimaesse nel pubblico la scomodità dell’uomo nell’attesa. in modo da ricordargli la storia in qualsiasi posto si troverà. l’attesa delle lettere, l’attesa di quello che si dovrà scrivere, l’attesa nella decisione di scrivere o non scrivere. Il tutto accompagnato dalle note musicali del saxofono di Emiliano che dal vivo accompagna la storia e regala atmosfere! un tavolo lungo crea la scena, un tavolo che divide ed unisce, dove i due ai margini portano avanti le loro storie talmente intrecciate e indissolubili.